Combustione di biomassaStoria del riscaldamento: nessun cambiamento in 100 anni! Fino ai primi anni del ‘900, in tutto il mondo si utilizzava la legna (compresa la legna trasformata in carbone vegetale) per riscaldare case e industrie. Tuttavia, negli anni ’20, il carbone e il gasolio per riscaldamento avevano ampiamente sostituito le fonti di energia rinnovabile nei paesi industrializzati, nonostante la legna per il riscaldamento domestico e la produzione di energia idroelettrica continuassero ad essere molto utilizzate. Alla fine del ventesimo secolo, circa il 90% della fornitura energetica commerciale proveniva da combustibili fossili. Nel 2100, la popolazione mondiale supererà i 12 miliardi. Se continueranno gli attuali ritmi di progresso tecnologico e innovazione, la domanda di energia aumenterà di cinque volte rispetto ai valori attuali. Se continueremo ad usare carbone, petrolio e gas come stiamo facendo ora, entro il 2010 la temperatura globale sarà aumentata di due gradi Celsius. Sembra pertanto superfluo ricordare quali possono essere le avverse conseguenze di tutto ciò: aumento del rischio di inondazioni nelle aree pianeggianti, processi di desertificazione e cambiamenti climatici in tutto il mondo. La consapevolezza della necessità di cambiamenti nella produzione di calore ed energia ha prodotto un significativo impegno tecnico per la ricerca di alternative appropriate. Una delle alternative più promettenti è in realtà il ritorno a un utilizzo diffuso di legna e altre biomasse solide quali fonti di riscaldamento e produzione energetica. All’inizio degli anni ’90, la tecnologia legata alla produzione di calore dalla legna si trovava più o meno allo stesso livello tecnologico di 100 anni prima. A livello di singola abitazione, una caldaia a legna richiedeva l’accensione manuale, l’alimentazione manuale del combustibile e frequenti operazioni di pulizia manuale ed estrazione della cenere. Inoltre, la qualità della combustione dipendeva dalla costruzione della caldaia e dalle caratteristiche della canna fumaria. Un sistema di questo tipo risultava quindi in un livello estremamente basso di efficienza (soltanto il 30-40% dell’energia della biomassa viene trasferito nell’acqua per il riscaldamento) unito a elevati livelli di emissioni di gas dannosi (CO, NOx, ...) e particelle. Se consideriamo il volume di ceppi di legna necessari per sostituire un serbatoio da 2000 litri di gasolio da riscaldamento, è evidente che tale sistema non poteva competere con le prestazioni e il comfort garantiti da una caldaia a gas o a gasolio, che richiede un intervento di manutenzione una volta all'anno. Pellet: il primo importante passo avanti dopo 100 anni Nel 2000 la situazione è cambiata radicalmente. Il primo importante passo avanti è rappresentato dal pellet. Il pellet è fatto di segatura e presenta 2 importanti caratteristiche: può essere alimentato automaticamente in un sistema di combustione e la densità energetica (la quantità di energia da un volume di combustibile) è soltanto la metà rispetto a quella del gasolio da riscaldamento. Il secondo passo avanti è stato l'utilizzo dell'elettronica per controllare il processo di combustione della biomassa. L'utilizzo di sensori, sofisticati algoritmi per controllare l'alimentazione e i motori di ventilazione permettono alle moderne caldaie a biomassa di raggiungere livelli di efficienza superiori al 95%, con emissioni 10 volte inferiori rispetto ai sistemi tradizionali. Combustione della biomassa: come funziona? Per garantire una completa combustione della biomassa con basse emissioni e scorie ridotte, la quantità e il metodo di alimentazione dell'aria di combustione rivestono un'importanza fondamentale. Per ottimizzare la combustione è necessario dividere la camera di combustione in una zona di combustione primaria ed una zona di combustione secondaria, dove ogni zona è dotata della propria alimentazione d'aria. Nella zona primaria avviene la combustione primaria, composta da due fasi: la fase di essiccazione, la fase di gassificazione della legna (conosciuta anche come pirolisi), e poi avviene la combustione finale. Durante l'essiccazione, viene rilasciata l'acqua rimanente che evapora dalla biomassa legnosa. A quel punto la biomassa legnosa essiccata viene scomposta in combustibile, componenti volatili e carbone di legna. La combustione primaria richiede un input energetico e si verifica con una proporzione d'aria inferiore al rapporto stechiometrico (rapporto aria/combustibile), es.: con un'alimentazione d'aria insufficiente. Durante la combustione secondaria i gas infiammabili vengono bruciati nella zona secondaria con eccesso d'aria. Contemporaneamente il carbone di legna viene bruciato nella zona di combustione primaria. In entrambe le fasi viene rilasciata energia di ossidazione. Nella zona di combustione primaria avvengono contemporaneamente sia la combustione primaria che quella secondaria, quando viene alimentato pellet non bruciato. Per una combustione ottimale è necessaria un'adeguata miscelazione tra l'aria secondaria e i gas di combustione. Tale miscelazione può essere ottenuta con un accurato dosaggio dell'aria nella camera di combustione. Quanto più a lungo i gas di combustione rimangono nella caldaia, tanto più completa sarà la combustione. Il quantitativo di eccesso d'aria nella zona secondaria non è importante soltanto per il monossido di carbonio (CO) e per gli idrocarburi non bruciati (OGC). Esiste un trade-off tra queste emissioni e l'emissione di ossidi di azoto (NOx). Troppa poca aria comporterà un aumento delle emissioni di CO e OGC, ma limiterà il quantitativo di NOx nei gas di combustione. Al contrario, un maggiore eccesso d'aria comporterà il rilascio dal bruciatore di un quantitativo maggiore di NOx. Ricerche dimostrano che i bruciatori a biomassa spesso emettono quantitativi di NOx tra 2 e 4 volte superiori rispetto ai bruciatori a gasolio. Caldaie e bruciatori a biomassa il cui processo di combustione non sia dotato di controllo elettronico vengono realizzati per essere principalmente utilizzati con elevati quantitativi di eccesso d'aria. Un miglior controllo dell'alimentazione d'aria utilizzando un ventilatore a velocità variabile controllato da un sensore CO o Lambda aiuterebbe a ridurre le emissioni. Caldaie a biomassa con controllo Lambda sono già stato dell'arte, nonostante la maggior parte dei dispositivi di riscaldamento a biomassa spesso permetta soltanto una regolazione manuale. Altri due importanti parametri per la riduzione di emissioni di monossido di carbonio, idrocarburi non bruciati e ossidi di azoto sono il tempo di persistenza dei gas di combustione e la temperatura nella camera di combustione. Un'elevata temperatura e un elevato tempo di persistenza riducono quasi a zero le emissioni di CO e OGC. Il contenuto di ossidi di azoto nei gas di scarico aumenta con l'aumentare della temperatura, a meno che non venga raggiunto un tempo di persistenza sufficiente. Per questo motivo, la combustione a stadi per ottenere elevate temperature e lunghi tempi di persistenza è un metodo pratico per ridurre le emissioni delle caldaie a pellet. |
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